Caserma "Giovanni Duca" - Montorio Veronese (VR)


La Caserma "Giovanni Duca", originariamente nota come le “Casermette di Montorio” è una delle più grandi installazioni militari in Italia, sia per estensione sia per capacità logistiche, in passato ha alloggiato oltre 6.000 militari.
La struttura, dal dopoguerra a oggi, ha ospitato numerosi reparti:
-dal 1946 al 1956 il 4° Centro Addestramento Reclute
-dal 1956 al 1963 il 12° Centro Addestramento Reclute Alpine
-dal 1963 al 1975 il 67º Reggimento Fanteria "Legnano"
-dal 1975 al 1991 il 30° Btg. Fanteria "Pisa", l’85° Btg. Fanteria "Verona", la Compagnia Controcarri "Brescia", la Compagnia Genio Pionieri "Brescia" e il Battaglione Logistico "Brescia" (tutti dipendenti dalla Brigata Meccanizzata "Brescia") e il 14° Autogruppo "Flavia" (dipendente dalla Regione Militare Nord Est).

Attualmente la Caserma "Duca" è sede dei seguenti reparti:
-85º Reggimento Addestramento Volontari "Verona"
-4º Reggimento Alpini Paracadutisti
-Reggimento di Sostegno Materiali Speciali.

 

Colonnello di Stato Maggiore Giovanni Duca (Torino 5 novembre 1896 – Verona 28 agosto 1944).

Ferito nella prima guerra mondiale, dopo il conflitto presta servizio in Comandi divisionali a Roma. Negli anni dal 1934 al 1939 è addetto militare presso le ambasciate italiane in Belgio, Olanda e in Portogallo. Nei due anni successivi è responsabile della sezione “offensiva” del Servizio Informazioni Militare.
Nel 1941 guida, sul fronte greco-albanese, il 7° Reggimento di fanteria "Cuneo" in seguito è nominato comandante dell’ Accademia Militare di Fanteria e Cavalleria di Modena.
All'annuncio dell'armistizio il Colonnello Duca si trovava sulla strada di ritorno dal campo estivo presso le Piane di Mocogno  in direzione di Modena,  ha con sé due battaglioni e uno squadrone di allievi ufficiali del corso del 1943 e la Bandiera dell'Accademia.
Non avendo ordini su da farsi, con una scarsissima disponibilità di munizioni e avendo avuto notizia dell'attacco delle truppe tedesche alle caserme di Modena e al distaccamento dell'Accademia presso il Palazzo Ducale di Sassuolo, decise di portare la colonna presso il paese di Monchio, in previsione di riunirsi eventualmente agli allievi della Scuola allievi ufficiali di complemento d’artiglieria di Lucca e attorno alle sue forze cominciarono a raggrupparsi i primi nuclei partigiani della provincia.
Degenerata rapidamente la situazione militare e la compattezza delle truppe, il 10 settembre decise infine lo scioglimento "temporaneo" del corso, divise in quattro parti la bandiera di combattimento e lasciò liberi i cadetti con l'ordine di attendere comunicazioni sulla riunione del corso che prevedeva potesse essere fatta in Italia centrale.
Giunto in seguito fortunosamente a Roma trovò gli uffici del ministero della guerra deserti e decise di ritornare verso Nord. Preso contatto con il comando militare, su indicazione del S.I.M., contattò esponenti del CLN e tentò di creare una rete d’informatori e fiancheggiatori fidando nei rapporti stabiliti negli anni precedenti, finendo poi probabilmente per essere tradito e denunciato.
Durante una missione, fu catturato col figlio dalle SS. I tedeschi non riuscirono a ottenere dal colonnello nessuna informazione utile, nonostante - com’è scritto nella motivazione della ricompensa al valore - "il bruciante dolore per le torture inflittegli e la disperata angoscia per l'avvenuto arresto della moglie e della figlia". Giovanni Duca fu costretto per cinque mesi in una cella stretta e buia e fu ucciso dai fascisti nella stanza delle torture, quasi negli stessi giorni in cui moriva a Mauthausen il figlio Vittorio, che vi era stato deportato.
Oggi, le sue spoglie riposano al cimitero comunale del Verano in Roma.

Motivazione della M.O.V.M.
“Comandante dell’Accademia Militare di Fanteria e Cavalleria organizzava con due battaglioni ed uno squadrone allievi le prime resistenze contro l’invasione tedesca nella zona Pavullo - Lama Mocogno e raggruppava intorno alle sue forze i primi partigiani iniziando con essi l’accanita lotta tra le giogaie dell’Appennino Emiliano. Dopo avere messo in salvo la gloriosa bandiera dell’Accademia, si portava, per ordine ricevuto dal Comando Supremo, nell’Italia settentrionale assolvendo con grande capacità e sprezzo del pericolo compiti organizzativi. Catturato dalle SS. unitamente al giovane figlio che gli era compagno in una pericolosa missione, manteneva il più fiero silenzio nonostante il bruciante dolore per le torture inflittegli e la disperata angoscia per l’avvenuto arresto della moglie e della figlia. Con il corpo fiaccato per il martirio, ma con l’animo sorretto dal senso dell’onore che fu luce della sua vita, dopo cinque mesi di agonia in una buia e stretta cella, che era tomba dei vivi, veniva barbaramente soppresso nella stanza delle torture riunendosi, nel cielo degli Eroi, all’amato figlio, contemporaneamente deceduto al campo di Mauthausen ove era stato deportato. Fulgida figura di soldato tutta dedicata al dovere e alla Patria e che ha preferito la morte al disonore".                                            
Verona, 28 agosto 1944.


 


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