Il mistero delle dodici sedie
Gli Stati Uniti non permetteranno alle organizzazioni per i diritti umani di inviare propri rappresentanti ai processi militari per i detenuti stranieri della base militare di Guantanamo. Il motivo? Non c'è spazio a sufficienza nelle aule
25 febbraio 2004 - Nessuna organizzazione per i diritti umani potrà assistere ai processi militari contro i presunti terroristi tenuti prigionieri nella base statunitense di Guantanamo. La loro presenza “comporterebbe problemi logistici e di spazio”: in pratica, non ci sono abbastanza sedie nelle aule dove si svolgeranno le udienze. Lo ha annunciato il dipartimento della Difesa di Washington, con una lettera spedita la settimana scorsa ad Amnesty International, Human Rights Watch e Human Rights First, che avevano chiesto di poter partecipare ai processi.
“Abbiamo mandato le prime lettere in merito nove mesi fa, quando dell'ipotesi dei processi si era appena cominciato a parlare - spiega James Ross, un avvocato di Human Rights Watch che si occupa della questione Guantanamo -, ma la risposta ci è arrivata solo adesso, ed è stata negativa. Eppure in passato gli stessi Stati Uniti hanno criticato i Paesi che avevano impedito ai rappresentanti della nostra organizzazione di mettere piede nei tribunali”.
Le tre associazioni escluse hanno scritto una lettera di protesta indirizzata al numero uno del Pentagono, Donald Rumsfeld, chiedendogli di annullare il divieto. “Il dipartimento della Difesa vuole controllare chi può parlare con i giornalisti che seguono i processi - dice Wendy Patten di Human Rights Watch -. Il Pentagono ha messo un bavaglio agli avvocati della difesa, che possono parlare solo con il permesso dei militari. Ora vuole costringere al silenzio osservatori esperti, che potrebbero fornire analisi indipendenti al pubblico. Se poi il problema è quello dello spazio limitato, è stato Bush a decidere che i processi si terranno a Guantanamo, quindi è un problema che ha creato lui”.
L'amministrazione Usa permetterà invece l'accesso alle aule a un'ottantina di giornalisti e ai rappresentanti della Croce Rossa Internazionale - l'unica organizzazione a cui è stato permesso finora di visitare i prigionieri di Guantanamo, a condizione che concordi con Washington le dichiarazioni da rilasciare alla stampa in merito. Coerentemente con il controllo sull'informazione applicato finora ai cronisti ammessi a visitare la base sul territorio cubano, i reporter che seguiranno i processi potranno parlare solo con alcuni ufficiali militari. O con gli avvocati selezionati dal Pentagono, sapendo in anticipo che questi non sono autorizzati a rispondere alle domande sugli argomenti più scottanti.
“E' per questo che le associazioni per i diritti umani sono mal viste dal Pentagono - riprende Ross -, perché i giornalisti non devono poter ascoltare la nostra versione. Di solito i nostri rappresentanti alle udienze hanno la facoltà di parlare con gli avvocati dell'accusa e della difesa, ma per quanto riguarda Guantanamo nessuna voce che non sia quella di Washington è tollerata”.
Nei mesi scorsi il presidente statunitense George W. Bush ha dato il via ai procedimenti giudiziari per sei dei circa 660 detenuti stranieri nella base. Per il momento Washington non ha fornito date certe riguardo l'inizio dei processi, né disposizioni specifiche sul come saranno condotti. Si sa solo che a giudicare saranno dei magistrati militari, che solo la Casa Bianca potrà esercitare l'azione penale, eseguire la pena ed eventualmente rivedere le sentenze, e che non è previsto un giudizio d'appello.
Alessandro Ursic