articolo apparso sull'Arena di VR il 07.08.2014
Gli alpini dell'Ana a Renzi:
«Studiamo una nuova leva»
Basterebbero sei - otto mesi di formazione «Siamo un tassello della protezione civile, così i giovani si preparerebbero a collaborare
Le penne nere “fanno baita” a Verona: c'è di mezzo il raduno Triveneto in calendario dal 12 al 14 settembre ma, soprattutto, il fatto che è un veronese ad occupare uno dei due posti di vicepresidente dell'Ana nazionale. Si tratta di Angelo Pandolfo di San Giovanni Ilarione, consigliere nazionale dal 2010, in comitato di presidenza dal 2011 come segretario, alle spalle tre mandati da consigliere di sezione (per 9 anni), uno da capogruppo a San Giovanni Ilarione ed uno da capozona.
Gli alpini sono parte del suo dna, ed è per questo che Pandolfo è stato uno dei sostenitori più convinti della proposta con cui Sebastiano Favero, il presidente nazionale di Ana, ha chiesto al premier Matteo Renzi di ripristinare la leva obbligatoria di sei - otto mesi nel corpo degli Alpini.
Questo del resto è stato il tema forte del raduno di Pordenone e di sicuro si tornerà a parlarne anche a Verona, a settembre.
«L'idea del presidente Favero, che condivido, è quella di tornare alla leva obligatoria per formare i ragazzi, così da poterci contare in caso di necessità. Cultura alpina, antincendio boschivo, conoscenza della montagna e protezione civile, queste dovrebbero essere le aree di formazione dei ragazzi», spiega Pandolfo.
Non deve mancare, come ha già spiegato a suo tempo Favero, «un minimo di inquadramento militare, ma al solo scopo di trasmettere il senso di disciplina». Ora si attende la risposta del Governo, che sta elaborando la riforma del terzo settore e che proprio in questo contesto potrebbe trovare spazio.
Ma cos'è l'Ana oggi? «È un tassello essenziale della macchina della protezione civile, è parte integrante del sistema e fa molto in aderenza al più puro spirito alpino», dice Pandolfo. La spiegazione sta in due organismi: la Fondazione Ana Onlus e la Protezione civile Ana.
«Con la prima raccogliamo fondi per interventi di protezione civile, per la gestione dell'ospedale da campo e del Gruppo infermieristico medico e chirurgico che attualmente staziona ad Orio al Serio. È sempre pronto, quando c'è un'emergenza umanitaria si parte e alla fine dell'emergenza l'ospedale resta nel luogo dell'emergenza come presidio». «Una volta tornati a casa ricominciamo daccapo», spiega Pandolfo. L'ultima missione è stata la Giordania, per fare accoglienza e supporto ai profughi che scappavano dalla Siria: ed è lì che l'ospedale è rimasto.
Poi c'è tutto il capitolo della protezione civile, con l'inquadramento dell'Ana nella colonna nazionale che viene attivata in caso di emergenze, nazionali e non.
«Partiamo, interveniamo, ci occupiamo di ricostruzione utilizzando risorse raccolte sul territorio. È un lavoro continuo, che passa ad esempio anche dalle raccolte alimentari e che ha un saldo positivo per via della credibilità e della fiducia che gli alpini si sono guadagnati tra la gente», sottolinea Pandolfo. «La casa di Luca», la casa senza barriere per l'alpino Luca Barisonzi, gravemente ferito in Afganistan, è un progetto che è diventato realtà grazie alla collaborazione tra Ana e Mediafriends.
Tanto basta, e sono solo pochi esempi, per abbozzare il profilo dell'Ana: «Volontari con lo spirito solidale al primo posto: ecco cosa sono gli alpini oggi, vere e proprie macchine da guerra nel campo della solidarietà».
Il comandamento per Angelo Pandolfo è solo uno: «Non dobbiamo morire, perché rappresentiamo non solo una storia che si è iniziata a scrivere nel 1919 - abbiamo un debito di riconoscenza e di memoria nei confronti dei combattenti della prima guera mondiale - ma soprattutto per il patrimonio che rappresentiamo».
Nasce dunque in questo ambito di ragionamento la proposta inviata al Governo di far sì che un anno nella formazione dei giovani trascorra tra le penne nere.
Cosa che a qualcuno piacerebbe, ad altri meno, ma che a volte si scontra anche con alcuni problemi pratici.
«Io ho fatto domanda», racconta un ragazzo della Val d'Alpone, «ma mi hanno risposto no grazie. Il perché? Colpa di questa tarataruga tatuata sull'avambraccio che non verrebbe coperta dalla camicia a manica corta». Pandolfo allarga le braccia: «Ci sono regolamenti... ma anche, evidentemente, aspetti su cui si potrebbe lavorare».
Paola Dalli Cani
che ne pensate?