Ecco, io non capisco come puoi mettere sullo stesso piano due questioni come l'eutanasia per i pazienti in stato vegetativo e i lager.Se badi, nemmeno l'Occidente contemporaneo è teoricamente giunto ancora a tanto.
Per introdurre aborto, eutanasia e predazione degli organi, difatti, ha dovuto prima scientemente inoculare la menzogna che queste azioni avvenissero su entità che non erano ancora (o non erano più) esseri umani. Non bambini, ma "feti"; non malati, ma "vegetali".
Ma se poni ancora un minimo di attenzione, ti accorgerai che è lo stesso procedimento utilizzato nel III Reich, dove si mandavano a morte - appunto - untermenschen, non uomini.
Un conto è un essere umano che ha avuto un incidente o una malattia ed è in stato vegetativo, un conto è parlare di un campo di sterminio. Certo, in entrambi i casi l'essere umano viene privato "di tutto", ma non riesco assolutamente a capire come puoi dire che se accettiamo l'eutanasia allora dobbiamo accettare anche quanto successo nei campi di sterminio o nei gulag. Magari non ho capito io il tuo intervento... potresti quindi chiarirmi nuovamente questo concetto?
Hellis, posso capire che il tuo amico avrebbe scelto di vivere, e per questo penso che sia buona cosa il fatto che ora ci sia la possibilità di comunicare con persone in questo stato e appunto di stabilire se sono davvero in stato vegetativo o no.
Proviamo però ad immaginarci la vita di una persona in stato semi-vegetativo o di minima coscienza. Immobilizzato in un letto dove non puoi attivamente comunicare, puoi solo ascoltare, una comunicazione passiva possiamo chiamarla. Inoltre, infermieri devono lavarti, vestirti, girarti, alzarti, curarti le piaghe. Se hai prurito non puoi grattarti, se provi qualche dolore non riesci a comunicarlo, tutto ciò che puoi fare per il resto della vita è pensare. Dopo un tot di tempo prevarrà l'istinto di sopravvivenza o la pazzia che nasce da questa situazione di impotenza e che porta a dire "preferisco morire piuttosto di vivere così"?
Abbadia, mi trovo in parte d'accordo con te, anche a me fa paura la sofferenza più della morte. Ma bisogna capire dove sta la linea di confine tra eutanasia e non-accanimento terapeutico.
Il caso Englaro per esempio: i medici avevano solo smesso di nutrire la ragazza, non le hanno fatto una iniezione letale. Come possiamo classificare quel caso? Io in primis non so dire se si sia trattato di non-accanimento o eutanasia.