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Cieli Blu Mario Vetrugno

ROMA, 24 AGO - E' morto oggi in Puglia all'eta' di 95 anni Mario Vetrugno, paracadutista della Folgore, brevetto numero 42 conseguito nel 1941, che partecipo' quell'anno all'operazione ''cielo di Cefalonia'' e l'anno successivo alla battaglia di El Alamein, nella quale l'Italia subi' gravi perdite e lui fu catturato dalle truppe britanniche. Vetrugno era uno dei pochi reduci viventi di quella battaglia. Qualche anno fa fece notizia la sua discesa in campo a difesa del Tricolore e dell'Inno nazionale.

(ANSA)

Sul Corriere del Mezzogiorno potete leggere una breve intervista di qualche tempo fa:

LECCE - «Non c’è Italia senza tricolore e senza inno di Mameli». Non ha dubbi il maresciallo ordinario in congedo, Mario Vetrugno, paracadutista della Folgore che nel 1941 partecipò all’operazione «Cielo di Cefalonia» e l’anno successivo alla battaglia di El Alamein, nella quale l’Italia subì gravi perdite.

Vetrugno è uno dei pochi reduci viventi di quella battaglia. «Molti - dice - non sanno che noi italiani sui campi di battaglia siamo stati davvero "Fratelli d’Italia" e abbiamo combattuto per il tricolore, abbiamo messo i nostri cuori nel tricolore ed abbiamo pianto sul tricolore. Bandiera e inno di Mameli fanno parte della nostra identità: non c’è Italia senza tricolore e senza inno di Mameli».

Vetrugno, che nella battaglia di El Alamein fu catturato dalle truppe britanniche, ricorda il 30 aprile 1941: era un giovane paracadutista che si lanciò con dei colleghi della Folgore su Cefalonia. L’Italia occupò l’isola, costringendo le altre forze presenti sul campo a firmare la resa. «Quando prendemmo Argostoli, capoluogo di Cefalonia - racconta - io ed altri tre paracadutisti della Folgore ci recammo subito al palazzo della prefettura. Dal pennone tolsi la bandiera greca, presi dalla mia giubba il tricolore e lo issai. Uno di noi era trombettista, suonò l’attenti ed in quattro, commossi, rendemmo onore alla nostra bandiera».

Il racconto si fa drammatico quando parla della battaglia di El Alamein: dei circa cinquemila parà della Folgore, si salvarono in poco più di trecento. «Ma alla resa - dice con orgoglio Vetrugno - i ragazzi ebbero l’onore delle armi. Io caddi ben presto nelle mani degli inglesi: passai per tre campi di concentramento, evasi tre volte, tre volte fui ripreso. Sul punto di essere trasferito in India, fui trattenuto ad Alessandria d’Egitto perchè sapevo guidare i mezzi militari. Finii in Libia e, infine, nel 1946 fui rimpatriato a Napoli. Ogni giorno, al risveglio, mi passano per la mente i cadaveri di tanti colleghi che ho visto sterminati dal nemico. Ognuno aveva nella giubba il tricolore, e tante bandiere italiane si sono macchiate del sangue dei folgorini». Nonostante si siano perduti oggi tanti valori, il maresciallo Vetrugno resta convinto che l’Italia sia una grande nazione. «Ma - sottolinea - guai a disperdere la nostra identità. Per questo ai giovani dico: Patria, amore, famiglia. Amate la Patria, amate il prossimo, amate la famiglia. Se farete così, sulle orme dei vostri padri, il popolo italiano resterà sempre un grande popolo».

(http://corrieredelmezzogiorno.corriere. ... 6306.shtml)
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